La narrazione della storia adottiva

C’è un pensiero del teologo Jalāl al-Dīn Muḥammad Rūmī, conosciuto come uno dei massimi autori della letteratura mistica persiana, che più di ogni altra cosa racchiude il senso della serata di ieri del nostro gruppo. “Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”.

Il tema dell’incontro di ieri era la narrazione della storia e, come ad ogni nostro incontro, sono emersi temi molto intimi e toccanti sul vissuto di ogni famiglia. Ci si è confrontati anche sul tema della diversità e di come sia difficile far comprendere concetti e sentimenti che per noi sono naturali e scontati alle persone esterne al mondo adottivo o nell’ambito scolastico. Ci si è confrontati anche sulle parole, sul significato e sul peso delle parole stesse e come la medesima parola possa significare cose differenti a seconda della storia del bambino e della famiglia. Ci sono famiglie che scelgono di usare il termine mamma per identificare sia la mamma biologica che la mamma adottiva altre famiglie che preferiscono invece utilizzare una parola più generica come ad esempio signora che ti ha fatto nascere per identificarla e creare una scissione tra le due figure genitoriali. È anche emerso che talvolta, nella linea temporale della famiglia adottiva i termini utilizzati per la narrazione possono variare a seconda delle esigenze emotive del bambino e proprio in questa flessibilità si incastra il concetto che non esiste un giusto o sbagliato ma un giusto per quel momento lì e per quella famiglia lì. Il tempo è un altra chiave importante nella narrazione della storia adottiva. Ogni bambino sceglie infatti di esternare il desiderio di affrontare o meno la propria storia e i propri vissuti, condividendo con la famiglia dettagli e ricordi, molto spesso troppo dolorosi da riaffrontare, anche a distanza di molti anni.
La forza del gruppo è proprio l’unicità di pensiero che ognuno di noi possiede e che condividendolo con le altre coppie diventa importante spunto di riflessione per tutti quanti.

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